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Grande Hotel Beira

Grande Hotel Beira

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Free Account, genova

Grande Hotel Beira

mostra fotografica
a cura di Marco Riolfo, Maddalena Gesess e Nicolò Calevo
sede espositiva:Castello Comunale di Santa Margherita Ligure (Genova)
patrocinio: Comune di SML
organizzazione. Associazione Culturale Art Time
periodo: dal 10 maggio al 7 giugno 2014
orario: venerdì / sabato / domenica ore 16 - 20 e su prenotazione

comunicato stampa

Un viaggio travolgente attraverso 58 grandi immagini in un luogo simbolo dell'ultimo scorcio di colonialismo in Africa, trasformato nel rifugio di una comunità di 3500 senza tetto in continua lotta per la sopravvivenza. Anche soltanto entrare è una sfida pericolosa in questo ex albergo di lusso che si affaccia sull'Oceano Indiano dalle coste di Beira, in Mozambico.
L'hotel è stato una delle ultime vestigia del lusso coloniale del secolo scorso: simbolo nel Continente Nero del regime di Salazar, amato dai ricchi coloni portoghesi, dai turisti diretti in Sudafrica e Rhodesia, è divenuto prima base militare durante la guerra civile negli anni Sessanta e ora rifugio di una popolazione di disperati organizzati in una comunità chiusa regolata dalle leggi del più forte. Non c'è più acqua, non c'è luce, non c'è più niente del lusso art decò che aveva animato i progettisti dell'hotel. Entrare oggi nel Grand Hotel Beira senza essere presentati è un rischio da non correre.
Lo sguardo professionale e la sensibilità culturale con cui Luca Forno racconta questo mondo a sé nel cuore di Beira lascia senza fiato: una narrazione per immagini senza indulgenza, senza retorica, a volte con tenerezza, altre con il distacco necessario del reportage sociale impiegando il linguaggio asciutto di un efficacissimo bianco e nero.
Sono 50 le fotografie esposte in formato 30x40 cui se ne aggiungono 8 di grandi dimensioni (80x110 e 80x80).
La mostra è a cura di Marco Riolfo, Nicolò Calevo e Maddalena Gesess, con interventi di Lucy Franco , Roberto Orlando e Marco Riolfo .
Per la prima volta il Castello di Santa Margherita, grazie alla disponibilità del Comune che patrocina l'evento, viene messo a disposizione per una mostra fotografica. L'organizzazione è dell'associazione culturale Art Time

qui alcune fotografie . http://www.lucaforno.it/grand%20hotel.html

Comments 5

  • Arnaldo Pettazzoni 07/05/2014 20:47

    Sto pensando a qualche anno fa quando in agorà fui ripreso seriamente da un utente per una foto di un bambino Rom lasciato libero in un campo tagliato dal vento come cantava De Andrè....(certamente concessa libertà di pensiero all'utente) a volte le immagini portano dolore e una violenta sensazione di impotenza , la fotografia è raccontare anche la vita, a volte amara. e a volte inaccettabile .per certi occhi .
    Questo cera una volta il Gran Hotel Beira è un racconto che non necessita del correttore di bozza, senza nessun dubbio è coinvolgente , vero, tosto nei contrasti crudi , come è presentato è il vestito giusto per il toccante e veritiero messaggio.
    Non posso esserci fisicamente alla mostra Luca, ma sono certo che avrai il meglio per questo lavoro.
    Complimenti ….e tu sai che non sono regalati ma ti sono da parte mia sinceramente dovuti.
  • cristian volpara 06/05/2014 22:19

    Da non perdere..........
  • Elementa Luminis 06/05/2014 22:04

    Complimenti Luca! Stefano quando vai dimmelo che vengo anche io!!! ....che con la scusa ci conosciamo anche di persona.....
  • Stefano Cavazzini 06/05/2014 21:54

    Farò il possibile per non perdere questo evento, credo che per me avrebbe più valore di un work shop di fotografia
  • vog2 06/05/2014 19:39

    inserisco i testi degli Autori che ringrazio per la loro cortesia e la loro disarmante amicizia di cui io non posso fare altro che vantarmi

    LUCY FRANCO
    La conchiglia e il viaggiatore

    Immensità deserta, oscurità impenetrabile, enormi scalinate, lunghi corridoi, svelte figure si muovono costantemente nel Grande Hotel Beira, sulla eco dei passi del passato, già leggeri nel loro incedere di ospiti eccellenti sulle scale curve come conchiglie , assaporando cibo esotico, con vista sull'Oceano Indiano… the Pride of Africa…
    Seduti sulla sua terrazza potevano vedere la Storia, adesso solamente un limbo, il guscio vuoto della architettura avveniristica, anticamera dell’inferno.
    Luca Forno questo limbo lo ha attraversato, appuntando nella sua fotocamera tante storie nella Storia, espressioni speculari del suo talento: il “distacco” la "giusta distanza” del suo reportage rivelano l’oggetto indagato, illuminato dalla luce della realtà - quella piena, vera, semplice – come la sua poetica fotografica, pura.
    E la luce, ancora, sempre… quella stessa che l’Autore usa come medium tra una idea filosofica, come apertura della nostra percezione al mondo (per riprendere le parole di Merleau-Ponty), e il risultato di un’azione fisico-meccanica sulla fotocamera.
    Scorrono queste Fotografie in bianco e nero, vibrante, asciutto, scarno, di estrema suggestione. Di sentimento intenso e coerente. Di autentica umanità. Fotografie sobrie e grandi insieme.
    E guardando si precipita nel profondo della dimensione etica del Suo lavoro di fotoreporter, mai messa in ombra dalla dimensione estetica.
    Perché “il mondo, almeno quello che “piace” a me, non è ne’ pittoresco, ne’ bello”. Ma il Suo distacco riverbera di empatia: ci sorprende allora l'eleganza di un gesto, la forza di uno sguardo, la tenerezza di un sorriso.
    E’ un modo di vivere la Fotografia, il Suo modo.
    Lucy Franco, 2014

    ROBERTO ORLANDO
    Grande Hotel Beria: la miseria del lusso

    Provate a chiudere gli occhi, ora che siete appena entrati. Immaginate un luogo a 7.700 chilometri da qui, lungo la costa sudorientale dell'Africa. Riapriteli e aggirandovi per queste sale vi ritroverete a Beira, Mozambico, affacciati sull'oceano Indiano, di fronte al Madagascar. Siete in uno dei crocevia per l'Oriente. Sole, caldo e miseria tra le ricchezze smisurate di una terra tutta di proprietà dello Stato. Siete nel Paese con la maggior crescita economica al mondo: 23 milioni di abitanti che corrono verso la conquista di un benessere che molti di loro forse ancora non riescono nemmeno a immaginare.

    Per noi invece è più facile lavorare di fantasia e immaginare un gigantesco albergo degli Anni Cinquanta. Grande Hotel Beira. Eccolo. Costruito all'insegna del lusso, modellato sulla base delle tendenze Art Deco dell'epoca su progetto di due architetti portoghesi, nasce anche con lo scopo di dare lustro nel Continente Nero al regime di Salazar. Piaceva a molti coloni bianchi il Grande Hotel dei portoghesi: era considerato uno dei luoghi più esclusivi di tutta l'Africa meridionale. Piaceva soprattutto ai turisti bianchi della Rhodesia (ora Zimbabwe) e del Sudafrica. Ma mantenere tanto lusso in un paese depresso come il Mozambico era così improbabile che i proprietari dopo appena nove anni di attività, nel 1963, sono costretti a chiudere.
    Da allora l'albergo segue in parallelo le sorti del Paese. Durante la guerra d'indipendenza dal Portogallo, il Beira viene trasformato in quartiere militare dalle formazioni che combattevano contro le truppe coloniali di Lisbona. I sotterranei diventano prigioni, le stanze dell'albergo sono assegnate alle famiglie dei patrioti.
    Ma ottenuta l'indipendenza, la guerra non finisce: fazioni avverse si contendono il controllo del Paese per altri vent'anni, fino al 1991.
    Il Grande Hotel rimane a lungo una specie di pozzo di San Patrizio per molti miserabili che riescono a trarre sostentamento dalla vendita degli arredi e degli altri oggetti di pregio che decoravano l'albergo o ne garantivano il funzionamento. Viene smontato e venduto tutto e alla fine resterà soltanto un gigante scheletrito affacciato sull'Oceano.
    L'hotel oggi è di proprietà della Città di Beira. Dentro l'albergo la proprietà invece è del più forte, anche se non c'è niente da possedere, da spartire, da contendere. Tra questi intrecci di scale auliche e colonne di cemento armato trova rifugio una comunità di uomini, donne e bambini - tra le 2.500 e le 6.000 persone - che vivono di piccoli espedienti e criminalità, che convivono rispettando regole non scritte e molto lontane dai concetti di legalità e giustizia. Dicono che questa sia la più grande comunità al mondo di squatter. Dicono che entrare qui senza presentazione significhi voler mettere a repentaglio il bene più prezioso, la vita, che però lì dentro vale molto meno di quanto noi siamo abituati a credere.

    Ma continuate a tenere gli occhi aperti e seguite il percorso indicato scatto dopo scatto dalle immagini di quell'inferno, raffigurato da Luca Forno con un crudo bianconero che non lascia ampi margini di interpretazione. La vita in quel luogo senza acqua corrente e senza energia elettrica è fatta di niente, eppure c'è. Cresce tra le linee architettoniche esuberanti nate per accogliere un inutile lusso e che ora delimitano soltanto i confini della sopravvivenza. Cercate la speranza negli sguardi dei bambini e delle donne: la troverete spesso. Cercatela anche nella diffidenza o nell'indifferenza degli uomini che scorrono davanti all'obiettivo di Forno. Forse la troverete anche lì, in attesa del balzo che quell'umanità deve ancora compiere all'ombra di una bandiera, quella del Mozambico, unica al mondo a prevedere un kalashnikov accanto a una zappa.

    Roberto Orlando, 2014

    MARCO RIOLFO
    Grand Hotel Beira

    'C'era una volta' il Grand Hotel Beira ed in realtà c'è ancora, sempre posizionato sulla bella costa omonima del Mozambico... Ma se la certezza fisica e geografica della costruzione e dei luoghi e' intatta, nulla e' rimasto del paesaggio morale, economico e sociale che abitava il Grand Hotel alla metà del secolo scorso e che questi amplificava sulle presunte quanto 'magnifiche sorti e progressive' del Mozambico coloniale di allora... Nel mentre che la davvero notevole struttura continua strenuamente a dare testimonianza del proprio esistere giusto come 'struttura', la Storia che tutto avvolge e stravolge ne ha cambiato totalmente l'anima, desertificando senza pietà le sue straordinarie vestigia del passato fin troppo presto passato... Da hotel di superlusso tra i più rinomati in Africa fino a diventare "la più grande comunità di squatter del mondo": esemplificazione chiarissima e massima del 'sic transit gloria mundi'... Un luogo non più solamente fisico ma un punto di umanità dolente - in questa enorme geografia della sofferenza di cui l'Africa e' tanta parte... - che certo non poteva non attrarre l'attenzione di un fotografo come Luca Forno, sempre vigile e reattivo nel cogliere rabdomanticamente le più nascoste sollecitazioni del 'tempus fugit'... E certo il soggetto teatro della sua indagine ben si presta ad esaltare l'oramai rinomata maestria del vivido biancoenero di Forno: forse niente di meglio del contrastante bicolore del Nostro rende giustizia del contrasto storico e umano rappresentato dalla realtà attuale del Grand Hotel Beira... Forse nel 'yin/nero' di tanta sofferenza, di tanto arreso (soprav)vivere, forse Forno ancora riesce a leggere e vedere (a farci vedere, n.d.r.) uno 'yang/bianco' di barlumante spiraglio... La triste e pericolante vetusta' della disadorna 'casa' e' ancora alimentata, nonostante tutto, dal sorriso giovane che ancora arreda, nonostante nulla, gli spazi vuoti di Storia e pieni di storie... Ed ecco allora che l'empatia del Fotografo si sovrappone a quella dell'Uomo e rende giustizia ai volti di questi ultimi frequentatori del Grand Hotel, fissando una volta per sempre ed ancora la bellezza dell'Ospite Inatteso...